
Aldo Moro
16 Marzo 2025Il Politico del Dialogo e della Democrazia, Un Esempio per il Futuro
Era la mattina del 16 marzo 1978 quando il Paese si fermò. In via Fani, a Roma, un commando delle Brigate Rosse tese un agguato all’auto su cui viaggiava Aldo Moro, uccidendo brutalmente i cinque uomini della sua scorta; Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Da quel momento iniziò una delle pagine più drammatiche della storia italiana: 55 giorni di prigionia, un Paese dilaniato, lo Stato messo alla prova da un ricatto senza precedenti. Il 9 maggio, il corpo di Moro fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, simbolicamente a metà strada tra le sedi della DC e del PCI.
Aldo Moro non era solo un leader politico: era il volto di una politica che cercava il dialogo, il compromesso alto, la mediazione tra forze diverse per costruire un’Italia più giusta e democratica. Il suo progetto di apertura al PCI, il famoso “compromesso storico”, rappresentava un tentativo audace di superare le barriere ideologiche per garantire stabilità e progresso al Paese.
Moro era uno statista nel senso più profondo del termine: capace di guardare oltre l’immediato, consapevole che la politica è fatta di visione e di responsabilità. La sua morte segnò non solo la fine di un uomo, ma il fallimento di un’intera stagione di speranze, lasciando un’Italia più insicura e meno capace di costruire ponti tra le sue anime politiche.
Oggi, ricordare Aldo Moro non è un semplice esercizio di memoria: è un atto di impegno politico. Significa riscoprire il valore del confronto, della mediazione, della politica come servizio e non come scontro di potere. Significa rifiutare le scorciatoie demagogiche e riaffermare la necessità di una classe dirigente all’altezza della sua lezione.
Perché la politica, quella vera, è costruzione. E Moro ne è stato uno degli esempi più alti.