Meloni, femminista ?

Meloni, femminista ?

17 Settembre 2024 0 Di Paola Barbaglia

Alcune testate giornalistiche da qualche tempo si stanno sforzando di accreditare Meloni come icona femminista.

Ma se è vero che Giorgia Meloni ha costruito un suo personaggio efficace e coerente ed è una donna protagonista, basta questo per  rappresentare quel femminismo che è parte fondamentale dei valori della sinistra?

Ci si può accontentare di una donna che comanda, che riproduce le già viste dinamiche di potere, senza considerare quello che sta o meno facendo questa forma di potere per tutte le donne?

Ricordo a lei e alla sorella, anche se non lo ammetteranno mai, che sono arrivate ai posti che ricoprono grazie alle lotte femministe.

E’ ovvio che la partecipazione femminile in politica è essenziale per garantire una rappresentanza equa della società.

Innanzitutto si rafforza la legittimità del governo stesso in quanto riflette la volontà di una varietà più ampia di cittadini, poi le donne portano prospettive uniche nella sfera politica generate dalle loro esperienze di vita, preoccupazioni e punti di vista che differiscono da quelle degli uomini, arricchendo i contenuti della politica.

La loro partecipazione alla politica non solo influisce sul presente, ma ha un impatto a lungo termine ispirando le generazioni future.

Vedere donne in posizioni di leadership, non solo in politica, funge da modello per le giovani donne, incoraggiandole a perseguire carriere politiche, e non, e a contribuire attivamente al processo democratico.

Al di là di ogni considerazione, dovrebbe essere ovvio che non basta essere donna per governare bene. Non è il genere che permette un buon governo. Sono le idee e le risorse politiche, intellettuali, culturali e sociali che consentono di governare, o meglio, di lavorare bene o male al servizio della collettività. 

E oggi quali esempi troviamo al governo?

Ministre e figure politiche femminili sotto inchiesta per danno erariale, indagate per falso in bilancio, truffa ai danni dell’INPS, traffico di influenze, presunti abusi nella gestione del personale e affidamento di incarichi agli amici e agli amici degli amici.

Esempi non proprio edificanti.

Per il femminismo più radicale il punto non è mai stato quello di chiedere l’inclusione femminile nel patto sociale maschile, ma quello di cambiare il patto: reinventando il chi, il cosa e il come della politica stessa.

Come scriveva Rossana Rossanda «… È il rivolgimento di quel potere che non sta nel dispotismo del tiranno o nelle leggi dello stato, o nell’arbitrio del padrone, ma nel dominio che da millenni il maschio esercita sulla femmina, e che ha modellato non solo la subalternità della donna, ma la concezione – noi diremmo l’ideologia – che l’insieme dell’idea di potere degli uomini, la tradizionale sfera politica, porta in sé». 

Le donne che oggi hanno raggiunto posti di potere nella destra, e non solo in quella italiana, sono perfetti “uomini di partito” che hanno saputo incarnare l’unico modello di potere che avevano a disposizione, quello maschile. Non hanno preteso di fare la differenza o di ridefinire gli equilibri, come chiedeva il movimento femminista. Ma non hanno nemmeno chiesto a nessuno di fare loro spazio: si sono sfacciatamente adeguate a metodi, modalità e dinamiche esistenti.

Il femminismo politico, che non è certo quello rappresentato dalle sorelle Meloni, lotta per un ordine sociale giusto. La battaglia delle donne può diventare strumento di liberazione per tutti coloro che si trovano ai gradini più bassi della scala sociale: sono centrali le questioni del reddito, della divisione sessuale del lavoro, del razzismo, della violenza istituzionale sulle persone migranti, della cancellazione culturale e giuridica delle sessualità non conformi.

Il femminismo è una forza trasformativa radicale, la ricerca di una buona vita per tutte, non per poche, che può avvenire solo attraverso la costruzione e l’attivazione di una nuova dimensione del potere.

Un altro genere di potere, un potere di altro genere.