Mafia, politica e clientelismo

Mafia, politica e clientelismo

1 Febbraio 2025 0 Di Andrea Friggi

Il veleno che soffoca la democrazia

Ieri sera, grazie all’iniziativa di Milano Percorsi, si è tenuto un dibattito di grande valore su un tema che troppo spesso viene ignorato o sottovalutato: il rapporto tra mafia e politica nel nostro territorio. A guidare la discussione c’erano Ersilio Mattioni, giornalista da sempre in prima linea nell’indagare le infiltrazioni mafiose nella Lombardia occidentale, e Marco Invernizzi, ex sindaco di Magenta, in veste di moderatore. Quello che è emerso con chiarezza è che la mafia non ha bisogno di usare la violenza quando trova politici disposti a cercarla per costruire consenso. La mafia non si impone con la forza: si insinua, si rende necessaria, crea dipendenza. E quando questo accade, le istituzioni democratiche vengono svuotate dall’interno fino a diventare gusci vuoti privi di qualsiasi reale rappresentanza popolare.

Ma oltre alla consapevolezza dell’infiltrazione mafiosa, quello che ha colpito più di tutto è stata la netta stigmatizzazione di un fenomeno ancora più diffuso e pericoloso: i comportamenti. Non servono condanne per certificare la morte della democrazia.
Non serve il reato per riconoscere il malaffare.
La corruzione, infatti, non è solo tangenti e mazzette, non è solo scambi di favori palesemente illeciti: la corruzione è anche un sistema di relazioni ambigue, di favori, di piccoli aiuti dati agli amici degli amici.
È in questa zona grigia che si consuma il tradimento della politica e della rappresentanza.

Vivere in un territorio dove la mafia è presente

Si fa presto a dire che “la mafia al Nord non esiste”, ma la realtà è ben diversa. Le inchieste degli ultimi anni, le condanne, gli arresti, le operazioni delle forze dell’ordine dimostrano che le organizzazioni criminali non solo sono presenti, ma hanno messo radici profonde nell’economia, nelle amministrazioni e nei rapporti di potere. La provincia ovest di Milano non fa eccezione. Dai ristoranti alle imprese edili, dalla gestione dei rifiuti agli appalti pubblici, la criminalità organizzata è riuscita a entrare nei gangli del nostro sistema. E il problema non è solo la mafia in sé, ma la sua normalizzazione: il fatto che molti considerino questi rapporti “inevitabili”, quasi fisiologici.

Chi ci perde? Ci perdiamo tutti. Perché vivere in un territorio permeato da logiche mafiose significa vivere in un contesto in cui il merito viene calpestato, le opportunità vengono distribuite non in base alla competenza, ma alla fedeltà. Significa vedere giovani costretti a emigrare perché l’unico modo per entrare nel mondo del lavoro è attraverso conoscenze e favori. Significa assistere all’impoverimento del tessuto economico locale, perché il denaro pubblico finisce nelle mani di chi ha le giuste amicizie anziché di chi offre servizi di qualità. Significa, in ultima istanza, vivere in una società profondamente ingiusta, dove la democrazia viene progressivamente svuotata del suo significato.

Il clientelismo: il male che ci riguarda tutti

Se la mafia è un veleno, il clientelismo è il suo vettore principale. Ogni volta che un politico favorisce un amico senza meriti, ogni volta che un posto di lavoro viene assegnato per conoscenza anziché per competenza, ogni volta che un appalto viene orientato verso chi “sa come muoversi” e non verso chi offre il miglior servizio, la società perde pezzi della sua giustizia. Il clientelismo è il terreno su cui attecchisce il malaffare, il brodo di coltura di ogni forma di corruzione. E non è solo un problema delle alte sfere della politica: è qualcosa che ci riguarda da vicino, che vediamo nei comuni, negli enti locali, nelle piccole amministrazioni.

Un sistema clientelare non è solo ingiusto, è anche inefficiente e pericoloso. Favorire le persone sbagliate significa avere amministratori incompetenti, servizi pubblici scadenti, sprechi di denaro, lavori fatti male. Significa creare un meccanismo per cui chi è al potere si sente legittimato non dal voto libero dei cittadini, ma da un sistema di scambi e favori che lo blinda e lo protegge. Significa, in altre parole, la morte della democrazia.

Il ruolo della società civile, dell’opposizione e della stampa

Di fronte a questo scenario, la domanda chiave è: cosa può fare una società civile? Qual è il ruolo dell’opposizione? Qual è il compito della stampa? La risposta è netta: rendere pubblici questi fatti, denunciare questi comportamenti, far conoscere le dinamiche clientelari. Il primo alleato della mafia è il silenzio. Il primo alleato della politica corrotta è l’indifferenza. Un cittadino informato sceglie con maggiore consapevolezza chi votare e quale futuro costruire.

Ecco perché il giornalismo indipendente è fondamentale. Ecco perché l’opposizione ha il dovere di non limitarsi alla polemica sterile, ma di portare alla luce le storture di un sistema malato. Ecco perché ogni cittadino deve sentirsi parte della lotta per la trasparenza e la legalità.

La mafia non è un problema di qualcun altro. È un problema di tutti noi. E se vogliamo difendere la nostra democrazia, dobbiamo cominciare col chiamare le cose con il loro nome, col denunciare quei comportamenti che, giorno dopo giorno, stanno erodendo la nostra libertà e il nostro futuro.

P R O S S I M O A P P U N T A M E N T O
Giovani e Società con Flavio Barattieri
Sabato 15 febbraio ore 9.30 – Centro Kennedy Magenta